RE: Delega di competenze
questa è la circolare di cui parla il dr. Bianco.
Circolare del 22 ottobre 2002
MINISTERO DELL'INTERNO
DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI
AI SIGNORI PREFETTI DELLA REPUBBLICA
LORO SEDI
AL SIG. COMMISSARIO DEL GOVERNO DI
TRENTO
AL SIG. COMMISSARIO DEL GOVERNO DI
BOLZANO
e, p.c.
ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
ROMA
AL MINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DIPARTIMENTO DELLA RAGIONERIA GENERALE
DELLO STATO
ROMA
ALL'A.N.C.I.
Via dei Prefetti n. 46
ROMA
ALL'U.P.I.
Piazza Cardelli n. 4
ROMA
ALL'U.N.C.E.M.
Via Palestro n. 30
ROMA
OGGETTO: Limiti di estensibilità delle disposizioni della legge 15 luglio 2002, n. 145, al personale degli enti locali.
La legge 15 luglio 2002, n. 145, ha dettato norme per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato. Pertanto, le sue disposizioni riguardano prioritariamente l'ambito delle Amministrazioni dello Stato.
Tuttavia, poichè alcune parti del provvedimento introducono principi ai quali non può non riconoscersi una potenziale valenza generale nell'ambito del pubblico impiego, si pone il problema dei limiti nei quali è possibile configurare una loro diretta o mediata incidenza sull'ordinamento degli enti locali.
La problematica ha formato oggetto di esame congiunto con i rappresentanti dell'A.N.C.I. e dell'U.P.I. nel corso di una apposita riunione che ha fatto registrare convergenze di valutazioni.
Si è innanzitutto considerato l'art. 88 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a norma del quale "all'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti, � si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni�", oggi trasfuse nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sul quale ha direttamente inciso, per talune parti, la richiamata legge n. 145. E' stato, altresì, considerato il tenore dell'art. 111 dello stesso T.U.O.E.L. a norma del quale "gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai principi del � capo II (recante le norme sulla dirigenza) del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29".
In coerenza con il richiamato quadro normativo, pertanto, si può ritenere che a ciascun ente locale, sia riconosciuta la potestà di recepire nel proprio ordinamento, attraverso l'esercizio della potestà regolamentare, i principi desumibili dalle disposizioni della legge n. 145/2002, attraverso una disciplina di dettaglio calibrata alla specifica condizione dell'ente, alle sue esigenze organizzative ed alle sue condizioni strutturali e funzionali.
Si creano così, per gli enti locali, opportunità aggiuntive, conseguenti al superamento di vincoli che, in assenza delle esplicite previsioni della legge 145, avrebbero potuto ritenersi persistentemente preclusivi dell'esercizio della loro potestà di autoorganizzazione.
Ciò vale innanzitutto con riguardo alla disposizione recata dell'art. 2 della legge in esame (che ha introdotto il comma 1 bis nell'art. 17 del dec.leg.vo n. 165/2001) in materia di delega parziale delle funzioni dirigenziali ai dipendenti delle posizioni funzionali più elevate. Conseguentemente, ciascun ente locale potrà prevedere, nell'ambito del regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi di cui all'art. 89 del T.U.O.E.L., che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possano delegare ai propri dipendenti per un periodo determinato alcune delle competenze inerenti alle funzioni dirigenziali, prevedendo una analoga possibilità a favore dei responsabili degli uffici e dei servizi, nei comuni di cui all'art. 109, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000.
Analogamente, è affidato alla fonte regolamentare il recepimento, nel peculiare contesto organizzativo del singolo ente, della disposizione recata dall'art. 7 della legge 145 (che ha introdotto l'art. 23-bis nel decr.leg.vo n. 165/2001) in materia di mobilità tra pubblico e privato.
Si tratta di una disposizione che mira ad un più agevole interscambio del personale dirigenziale tra il settore pubblico e quello privato, ad una più elastica flessibilità di mercato, ed alla offerta di opportunità formative maggiormente diversificate, pur in un quadro di garantita compatibilità con le esigenze delle amministrazioni interessate.
In considerazione degli accresciuti ambiti di discrezionalità che le richiamate disposizioni offrono agli enti per la più adeguata organizzazione delle proprie strutture, si rappresenta l'opportunità che le SS.LL. richiamino su di esse l'attenzione degli amministratori locali nelle forme ritenute più opportune.
IL CAPO DEL DIPARTIMENTO
(Malinconico)
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