RE: Assunzione a tempo indeterminato dirigente art. 110 comma 1 Tuel
Caro Mario,
nonostante ci siano ben tre circolari del Dipartimento della funzione pubblica, una nota MURST e un parere UPPA che dicono che la «laurea» del nuovo ordinamento è una sola e non è né breve né lunga né triennale ma si chiama semplicemente «laurea» e si consegue al termine di corsi di durata normale (e non legale, che significa un'altra cosa) di tre anni, e che la laurea magistrale, salvo che sia a ciclo unico, si consegue di norma in due anni dopo la laurea e non in cinque anni, moltissimi enti continuano a proporre bandi che per l'accesso alla categoria D richiedono la laurea magistrale o addirittura «quinquennale».
Addirittura la commissione Ripam del Formez PA ha pubblicato l'anno scorso due bandi per categoria D / area terza molto ravvicinati, uno per una lunga serie di enti (locali e non) e uno solo per tre comuni, per profili simili: in quello a cui aderiva tutta la serie di enti (il famoso concorsone della Campania, per intenderci) richiedeva la laurea c.d. triennale, mentre in quello dei tre comuni richiedeva la laurea magistrale.
In una precedente circostanza un ente pubblico non economico di rilievo centrale aveva richiesto nel bando la «laurea di classe 18 o L-19» e un analfabeta funzionale, che evidentemente non sapeva che una laurea di classe 18 o L-19 potesse essere per definizione solo triennale (le vecchie lauree specialistiche e quelle delle attuali lauree magistrali seguono classificazioni a parte), aveva formulato attraverso apposito canale di contatto un quesito per chiedere se fosse sufficiente la laurea triennale oppure fosse necessario possedere anche quella specialsitica o magistrale (e, come detto, non esistono lauree magistrali di classe 18 o L-19). Tale domanda era finita nelle frequently asked questions e la risposta era che ai sensi della legge 341/1990 si può chiamare laurea solo quella conseguita all'esito di un corso della durata legale non inferiore a 4 anni, altrimenti si chiama diploma universitario e chi lo chiama laurea commette un falso: la lettura di questa cosa mi fece saltare dalla sedia e così mandai una mail in cui mi dichiaravo assai stupito del fatto che gli uffici non fossero a conoscenza di una riforma epocale emanata con decreto MURST 509/1999 (poi corretto dal decreto MIUR 270/2004) in attuazione dell'art. 15, c. 95, della legge 127/1997 e del c.d. processo di Bologna (all'epoca non c'era comunque ancora stata l'equiparazione dei vecchi diplomi universitari e dei vecchi diplomi delle scuole universitarie dirette a fini speciali alle attuali lauree c.d. triennali), il tutto malgrado citassero una classe, concetto introdotto proprio dal decreto MURST 509/1999 e che con il previgente ordinamento neanche esisteva. Con una nonchalance incredibile mi fu replicato che le norme da me citate, da loro comunque non conosciute (!!!!), non abrogavano le precedenti disposizioni (???????): la cosa mi lasciò di stucco, perché veramente non potevo credere che a distanza di tutti quegli anni qualcuno ancora non si era accorto della riforma universitaria; così, ancora in preda allo sbigottimento, rischiai di perdere i sensi quando dovetti prendere atto della sesquipedale ignoranza dell'anonimo individuo (secondo me dipendente o collaboratore di un qualche soggetto privato appaltatore, comunque, e non dell'amministrazione) che aveva dato séguito alla mia accorata manifestazione di stupore. Superato lo sbalordimento, notavo che il messaggio anonimo si concludeva con un consiglio: «se lei ritiene di essere nel giusto presenti comunque domanda». E dunque feci presentare istanza alla persona cui stavo dando una mano, dichiarando il titolo esattamente come compariva sulla pergamena, cioè «Laurea in Scienze dell'educazione, classe delle lauree L-19 (Scienze dell'educazione e della formazione)», che poi era esattamente quello che loro chiedevano nel bando. Questa persona fu regolarmente ammessa a sostenere il concorso, senza riserva alcuna (se non quella, implicita, di riscontro di veridicità delle autocertificazioni).
Potrei raccontarti di altre decine e decine di casi come quello di cui sopra, quali esempi del fatto che la diffusione di un comportamento non implica la sua leceità.
Per esperienza ti dico anche che le dimensioni dell'ente e la correttezza dei bandi sono due variabili indipendenti.
Comunque ti dico che i bandi vanno attentamente letti ed esaminati nella loro interezza, compreso il preambolo, nel quale le amministrazioni sono solite elencare i riferimenti normativi. In caso di dubbi, molto utile è esaminare i riferimenti normativi elencati per verificare se sono stati citati in maniera conferente e, soprattutto, sono aggiornati (spesso mi è capitato di trovare riferimenti a norme obsolete in quanto superate da altre norme di pari tenore, quando non esplicitamente abrogate).
Per il resto mi sento di confermarti quanto detto da Arturo Bianco e ti consiglio, qualora tu sia interessato a entrare stabilmente nella pubblica amministrazione, e voglia farlo da laureato, di dare un'occhiata ai concorsi per la categoria D di regioni ed enti locali o per le corrispondenti aree di inquadramento giuridico degli altri comparti. Tieni presente che nei comuni sprovvisti di dirigenza l'afferenza alla categoria D implica lo svolgimento di mansioni effettive molto simili a quella della dirigenza, con un trattamento economico abbastanza interessante. Poi è chiaro che se invece vai a finire in un ente che ha un dirigente ogni dieci-venti persone la situazione sarà completamente diversa.
Comunque i principali riferimenti normativi sono i seguenti:
- art. 28 d.lgs. 165/2001 e ss.mm.ii.;
- DPR 272/2004;
- DPR 70/2013 (attua l'art. 11 del D.L. 95/2012, conv. in legge 135/2012).
dott. Amedeo Francesco Mosca
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