La Funzione Pubblica e la Corte dei Conti non sono in linea nell’inquadramento delle “uscite” per mobilità negli enti non sottoposti a Patto di Stabilità.
La Funzione Pubblica, nella Circolare 4 del 2008, ha chiarito che le cessazioni per mobilità non possono essere considerate vere e proprie cessazioni ai sensi del comma 562 dell’articolo 1 della Finanziaria 2007. Per il Ministero affinché una cessazione soddisfi la ratio della norma deve essere una cessazione che incida sulla spesa del settore pubblico nel suo complesso. Ciò evidentemente non avviene con la mobilità in quanto un dipendente che passa da un ente ad un altro continua a gravare sulla spesa pubblica.
Di diverso avviso è invece la Sezione Regionale della Corte dei Conti Piemontese che con il parere 8/2008 evidenzia come la norma che attualmente regola i limiti assunzionali negli enti non sottoposti al Patto di Stabilità (comma 562 dell’articolo 1 della Finanziaria 2007), faccia riferimento alle cessazioni di rapporti a tempo indeterminato “complessivamente” intervenute. Con tale espressione, secondo la Corte, si è voluta sostenere una interpretazione volutamente estensiva della locuzione. Conclude, la Corte, affermando che ai fini dei limiti assunzionali anche le cessazioni per mobilità possono considerarsi cessazioni a tutti gli effetti.
E' proprio paradossale che a dare l'interpretazione più estensiva, anche in contrasto con le indicazioni della Funzione Pubblica, sia proprio la Corte dei Conti, eppure un motivo dovrebbe esserci per essere stata chiamata Corte dei "Conti" e non ad esempio Corte "dei punti di vista". Peraltro invoca la ratio legis (!). Ma del resto siamo in Italia, dove tutto è certo meno quello che deve esserlo! Conseguentemente, disorientamento totale e, soprattutto, anche grazie a tutta l'arroganza dei vari poteri che premono sulle Amministrazioni locali, ognuno si sente autorizzato a fare, più o meno leggittimato in tal senso, quello che vuole o gli viene richiesto. Povera Italia!
Per spiegare meglio, se 100 Comuni si cedessero in mobilità tra loro (ma anche non solo tra di loro) 10 impiegati, secondo la Corte dei Conti, complessivamente potrebbero calcolarsi 1000 cessazioni a tutti gli effetti e, salvo altri limiti, darsi luogo a 1000 assunzioni che - sempre secondo la Corte dei Conti - non modificherebbe la spesa per il personale. Per il singolo Comune certo che è così, ma per il comparto mi sembra che l'assunto della Corte dei Conti sia semplicemente risibile. E' chiaro, poi, le leggi in Italia sono fatte con il c.ervello, ma almeno, per favore, non fate riferimento alla ratio legis!
Non voglio schierarmi da nessuna parte, ma vorrei fare qualche considerazione, soprattutto tenendo conto delle esigenze dei piccoli enti.
La norma è chiara: una assunzione per una cessazione avvenuta l'anno precedente e stessa spesa del 2004.
Ora, da sempre è ovvio che quello che è rilevante è la spesa: cioè tutte le norme degli ultimi anni sono state finalizzate a limitare la spesa di personale.
Se cedo un dipendente in mobilità e poi ne assumo un altro per me ente non cambia assolutamente nulla (a meno che non assuma un D al posto di un B ecc. ecc.). Un altro ente, quello che prende la mobilità, ha un incremento di spesa di personale, che avrebbe ugualmente in quanto probabilmente avrebbe assunto con concorso o altro.
Ora, considerare la mobilità come cessazione o meno è in effetti un problema che secondo me va collegato il più possibile a quanto si spende. Se non si superano le limitazioni non dovrebbe esserci nessun problema.
E' vero, le sezioni regionali della Corte dei conti a volte un po' "interpretano" strano, ma stavolta mi sembrano più in linea con il disposto normativo (oltre a quella citata ci sono delibere simili anche della sezione Lombardia e Sardegna).
Però sul caso bisogna dire che anche la Funzione pubblica interpreta un po' strano.
Infatti mi chiedo: come si può fare salvi i principi generali di un Dpcm (peraltro "scaduto") quando la caratteristica di un Dpcm è quella di precisare norme generali nel dettaglio per il periodo di vigenza?
Ma si certo. Il problema è che siamo in Italia e le leggi le fanno come tutti sappiamo. La Corte dei Conti in effetti ha interpretato in maniera letterale la norma riferita ai singoli Enti. Ma quindi che non faccia riferimenti a presunta "ratio legis", visto che la norma è stata fatta per salvaguardare i conti dell'intero comparto, semmai, per onestà intellettuale, si invochi l'interpretazione autentica! Che poi anche in quello ne vedremmo delle belle è un altro paio di maniche, ma che la smettano di adoperare poteri e facoltà secondo "come di svegliano la mattina" e secondo quanto abbiano voglia di fare i protagonisti. Soprattutto poi quando non si è responsabili dell'operato e delle letture fatte.
Augurissimi di un migliore 2009.
Ho riletto meglio quanto scrive il collega Bertagna. Il Suo ragionamento non fa una grinza, l'importante è ovviamente che la mobilità si interpreti in maniera univoca sia in entrata che in uscita. Chapeau! Grazie del contributo.
La Corte dei conti della Lombardia con il parere n. 91 al Comune di Cantello ha affermato che hai fini del comma 562 la mobilità è cessazione e conseguente assunzione.