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Versione completa: Dirigente con contratto di collaborazione autonoma
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L’articolo 110 comma 1 del decreto legislativo 18.8.2000, n. 267 indica le modalità attraverso le quali possono essere nominati i dirigenti o i responsabili di servizio con contratto a tempo determinato.

Tale norma parla di contratti a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con delibera motivata, di diritto privato. Tuttavia, la distinzione fra contratti di diritto pubblico e contratti di diritto privato sembrava oramai superata a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione: l’assunzione dei dirigenti e/o responsabili di servizio a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 110, comma 1 (ma anche del comma 2) Tuel, sembrerebbe dover determinare l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato che attribuisce ai soggetti incaricati la natura di dipendente della pubblica amministrazione.

Alla luce dell’interpello n.8/2009 dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia al Ministero del Lavoro; nonché della deliberazione della Corte dei Conti Lombardia n.1060 del 23 dicembre 2010 su richiesta di parere del Comune di Mo. (Bg):

> è possibile prospettare una apertura alla possibilità di inquadrare un caposervizio D3 dell'area tecnica (Lavori Pubblici quindi con assegnazione anche dell'incentivo per il fondo progettazione) a tempo determinato assunto ex art.110, quindi con incarico fiduciario che segue il mandato sindacale, ad un professionista esterno?
Si specifica che tale professionista esterno sarebbe inquadrato con contratto di lavoro autonomo e non subordinato, nel senso che provvederà ad emettere fattura mensile delle prestazioni svolte.

In altri termini ci si chiede se i pareri citati possano rendere legittimo un incarico di Responsabile di Area Tecnica, ex art.110, attraverso un contratto di collaborazione autonoma.


Ministero del Lavoro, interpello n.8/2009:
http://www.giurdanella.it/8386

Corte dei Conti Lombardia, deliberazione n.1060 del 23 dicembre 2010:
https://servizi.corteconti.it/bdcaccessi...1vbWlzc2lz


Il collaboratore coordinato e continuativo non può svolgere le funzioni dirigenziali come connotate nell’art. 107 del TUEL in quanto non essendo dipendente dell’ente non può averne la rappresentanza in quanto suo “organo”.
Inoltre non sarebbe soggetto al potere disciplinare dell’ente ( come invece deve essere per chi svolge funzioni dirigenziali) né potrebbe percepire le indennità contrattuali quale quella di risultato.
Potrebbero inoltre porsi problemi di incompatibilità nel caso si tratti di un professionista iscritto ad Albo professionale.
Infine mi sembra che per gli enti locali non sia applicabile l’interpello n.8/2009 dell’Università degli Studi di Modena perché prevalgono le previsioni del TUEL che prevedono il rapporto di lavoro subordinato e l’impossibilità di stipulare contratti di cococo per coprire esigenze e funzioni ordinarie o necessarie dell’ente.

In proposito vedi
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA

Circolare del 15 luglio 2004 n.4

(GU n. 203 del 30-8-2004)
“Deve, poi, sottolinearsi come il rapporto di collaborazione, caratterizzandosi per l’assenza di un vincolo di subordinazione fra committente e prestatore d’opera e, quindi, nel senso dell’autonomia, impedisce che con tale strumento siano affidati i compiti di gestione e di rappresentanza, che costituiscono le attribuzioni tipiche dei funzionari e dei dirigenti della pubblica amministrazione, i quali sono, invece, in rapporto di subordinazione con il datore di lavoro-amministrazione e, pertanto, agiscono secondo gli indirizzi impartiti e gli obiettivi assegnati, rispondendo del loro operato “secondo le leggi penali, civili e amministrative” (art. 28 Costituzione), laddove nel caso dell’inadempienza contrattuale del collaboratore la sola conseguenza possibile sarà il recesso del committente secondo le norme generali (articoli 1453, 2227 e 2237 c.c.).
Ad esempio, poiché il collaboratore coordinato e continuativo difetta del requisito indispensabile dell’incardinazione, in mancanza di una eventuale ed espressa procura, non potrà mai agire per conto dell’Amministrazione. Infatti, l’art. 417 bis c.p.c. conferisce la rappresentanza in giudizio ex lege delle pubbliche amministrazioni nelle controversie di pubblico impiego ai soli “dipendenti” delle amministrazioni e, cioè, a tutti coloro legati da un vincolo di subordinazione ed incardinati nell’amministrazione da difendere. Pertanto, il soggetto esterno all’amministrazione agirebbe quale falsus procurator (per quanto riguarda la disciplina civilistica, cfr. artt. 1398 e 1399 c.c.). “
In termini generali l'incarico di dirigente/responsabile a tempo determinato debba necessariamente essere conferito ad un dipendente e non si possa utilizzare lo strumento dell'incarico di cococo. Ciò per le ragioni sintetizzate. In questo senso vi è anche giurisprudenza di TAR. L'interpello del Ministero del Lavoro non è dirimente, anche alla luce del fatto che sui rapporti di lavoro con le PA il soggetto competente a pronunciarsi è il Dipartimento della Funzione Pubblica.
Sicuramente non vi sono margini di alcun tipo per procedere con un incarico di tipo professionale (quale la remunerazione con IVA) e tanto meno di collaborazione occasionale. Utilizzando tali strumenti, peraltro, si eluderebbero i vincoli dettati in materia di tetto alla spesa del personale e di rapporto tra spesa del personale e spesa corrente: infatti, in questo modo tali oneri non entrerebbero nell'ambito della spesa del personale, contrariamente alla chiara volontà espressa dal legislatore.
Si ricorda che gli incarichi ex articolo 110 TUEL non sono fiduciari, ma richiedono comunque lo svolgimento di procedure selettive sulla base di criteri predeterminati e richiedono una preventiva pubblicità, con le modalità previste nel regolamento dell'ente.
Cordiali saluti.
Arturo Bianco
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