05-07-2021, 11:04
Sono un dipendente regionale. Da anni cerco senza successo di ottenere una mobilità definitiva.
Per un periodo sono stato in comando presso un ente pubblico non economico (EPNE). Nel frattempo avevo partecipato a procedura di mobilità verso un ente locale di area vasta (EL), risultandovi idoneo.
Durante il comando presso l'EPNE venivo chiamato dall'EL.
Prima di dare una risposta all'EL, ho presentato istanza di stabilizzazione all'EPNE ai sensi dell'art. 30, c. 2-bis, del d.lgs. 165/2001, adducendo come motivazione che il testo normativo dice che l'amministrazione è obbligata all'immissione nei propri ruoli organici del personale già utilizzato, in posizione di assegnazione temporanea o comando (o analoghi istituti a prescindere dal nomen iuris), che ne faccia domanda, prima di espletare procedure concorsuali e che, siccome erano già stati indetti dei concorsi sospesi da oltre un anno nella fase istruttoria, si sarebbe dovuto procedere a stabilizzare me, in quanto comandato, prima di espletare questo concorso.
L'EPNE mi ha risposto che antecedentemente alla mia presa di servizio erano già state indette procedure concorsuali che al momento erano sospese per via dell'emergenza epidemiologica e che non riteneva di essere tenuto a revocare tali procedure, ovvero a sottrarre un posto da esse, in quanto a suo dire il verbo "espletare" non si riferiva alla fase discendente dei concorsi, bensì alla fase ascendente, cioè all'avvio dell'iter autorizzativo. L'ente si è offerto di prorogarmi il comando sino a quando possibile ma mi ha comunicato che la cessione del mio contratto dall'ente di origine sarebbe stata possibile solo in caso di deliberazione di indizione di un nuovo concorso e, cioè, di rinvenimento di altri fabbisogni di personale rispetto a quelli dei bandi già pubblicati.
Ero e rimango convinto che l'ente fosse in errore, ma pro bono pacis, con molto rammarico e a malincuore visto che in quell'ente mi trovavo benissimo (e non vedevo l'ora del trasferimento definitivo anche per guadagnare qualcosina in più), ho accettato la proposta dell'EL, il quale mi comunicava che si sarebbe attivato un comando per il solo mese di dicembre e poi si sarebbe provveduto a espletare la mobilità con l'anno nuovo.
L'EL purtroppo non ha mantenuto fede a ciò che ha detto a parole e ha richiesto alla Regione la mia assegnazione temporanea per 1 anno. Tuttavia ha dichiarato esplicitamente che si trattava di uno strumento adottato provvisoriamente con il fine di trasformazione in mobilità definitiva.
Dopo che la Regione ha autorizzato la mia utilizzazione per 1 anno dichiarando cessato il mio servizio con l'EPNE e comandandomi a prestare servizio presso l'EL, questo mi ha fatto un ordine di servizio per soli 6 mesi, costringendo la Regione a riformare il provvedimento adottato. Mi era stato detto che la motivazione della riduzione del termine era dovuta al fatto che prima dei 6 mesi sarebbe stata espletata l'annunciata mobilità.
Sennonché verso lo scadere dei 6 mesi l'EL ha richiesto alla Regione la proroga del regime in essere di altri 6 mesi, dichiarando comunque che si trattava sempre di regime transitorio verso la mobilità definitiva.
Nel frattempo mi sono pervenute richieste più o meno formali di comando da 5 comuni e 3 ministeri.
La Regione mi ha inviato una nota in cui mi chiede se intendo proseguire sino a dicembre presso l'EL presso cui sono attualmente collocato oppure intendo trasferirmi per un anno presso uno degli altri enti che ha richiesto di avvalersi della mia professionalità.
Più o meno contemporaneamente l'EL presso cui attualmente presto servizio:
- deliberava di assumere nuovo personale attingendo da graduatorie già esistenti (per la cronaca, è arrivato un dipendente da una graduatoria Ripam quando io ero già in servizio);
- indiceva una nuova procedura di mobilità (il bando scade in questi giorni).
Per iscritto ho pertanto richiesto il trasferimento definitivo mediante immissione nei ruoli dell'EL (e dunque subentro di questo nel rapporto giuridico che attualmente detengo con la Regione) prima di procedere alle nuove assunzioni e alla nuova procedura di mobilità. Lo stesso hanno fatto due miei colleghi che si trovano in posizioni simili alla mia.
L'EL non mi ha risposto formalmente ma mi ha contattato telefonicamente contestando da un lato la mia interpretazione del dettato normativo (in sostanza loro ritengono che sussista l'obbligo di indire una procedura di mobilità prima di un concorso – obbligo peraltro derogabile sino a fine 2021 ai sensi della legge 56/2019, la c.d. legge concretezza, che ha sospeso di fatto il blocco del turn over – e che in quella sede si debba stabilizzare il personale che già si trovi in posizione di comando, non che sia obbligatorio stabilizzare quest'ultimo prima di indire una procedura di mobilità), dall'altro che io stavo insinuando di un comportamento scorretto in realtà inesistente, poiché le procedure in corso di assunzione e di mobilità non erano state espletate ma semplicemente indette (notare quanto questa posizione sia diametralmente opposta a quella dell'EPNE), quindi non era scritto da nessuna parte che venissero espletate quelle prima di stabilizzare chi già prestasse servizio in posizione di comando o in assegnazione temporanea, ma questa era una mia illazione gratuita. Mi è stato riferito che la ragione per la quale noi utilizzati in via temporanea non eravamo ancora stati stabilizzati è che l'organo politico non aveva ancora provveduto a modificare il piano dei fabbisogni (che, per la cronaca, risulta oggi incrementato da due decessi e diversi pensionamenti). Ho chiesto di replicare per per iscritto confermando che la promessa immissione in ruolo sarà effettuata e mi è stato detto che vieppiù gli uffici preposti si sarebbero spinti mettendo per iscritto sinanche la data entro la quale avrebbero onorato l'impegno.
Ad oggi sono passate tre settimane e lato EL tutto tace, mentre la Regione mi compulsa per la risposta che deve fornire agli enti che richiedono di avvalersi della mia professionalità e un comune relativamente piccolo mi sollecita per accettare e per allettarmi ha allungato il periodo richiesto da 6 mesi a 1 anno.
A questo punto sono a un bivio:
1. rimanere nell'ente locale di area vasta, il quale, al di là del fatto che non abbia fornito riscontro alla richiesta di immissione nei propri ruoli, ha sin dapprincipio dichiarato che il ricorso a una utilizzazione temporanea (istituto che la Regione definisce "comando" e l'ente che se ne avvale "assegnazione temporanea") è stato disposto nelle more di poter perfezionare la mobilità;
2. andare presso il comune, in cui ho prospettive professionali probabilmente più stimolanti, e certamente prospettive economiche di un certo interesse, visto che è sprovvisto di dirigenza e mi ritroverei in posizione apicale.
Nell'ipotesi di cui al punto 2, ho la certezza di rimanere presso tale comune perlomeno sino all'estate del 2022.
Nell'ipotesi di cui al punto 1, se non mi stabilizzano entro dicembre è molto probabile che la Regione mi richiami in servizio, dopodiché addio comandi e addio mobilità.
Ora vi chiedo secondo voi quale valore giuridico può essere attribuito alla promessa che la situazione temporanea evolverà in una mobilità definitiva o comunque a formulazioni del tipo «richiediamo nulla osta all'assegnazione temporanea finalizzata alla mobilità definitiva» o «richiediamo di poterci avvalere del dipendente di codesta amministrazione dott. A.F.M. in regime di assegnazione temporanea», cioè se effettivamente l'EL si è assunto un'obbligazione in tal senso nei miei confronti, per quanto sine die.
Qualora facessi interrompere il comando presso l'EL e decidessi di farmi comandare a prestare servizio a suddetto comune, potrei far valere in un eventuale giudizio l'intendimento di cui sopra (di cui ho prove documentali e testimoniali) al fine di rientrare presso l'EL ma, questa volta, in via definitiva?
Secondo me l'ente in parola sta facendo un uso improprio dell'istituto in quanto lo sta adoperando, di fatto, come periodo di prova. Del resto, per loro natura comandi e assegnazioni temporanee sono provvedimenti di carattere eccezionale motivati da situazioni di urgenza o necessità di avvalersi di professionalità non rinvenibili nel proprio organigramma, tali da giustificare una scissione tra il rapporto organico (rapporto di ruolo) e il rapporto funzionale (rapporto di servizio), in maniera tale che il lavoratore venga inserito nella stabile organizzazione di un'amministrazione diversa da quella che gli paga lo stipendio. Essi non sono geneticamente connotati dal fine della mobilità e pertanto definirli propedeutici alla mobilità significa dichiarare implicitamente un abuso dell'istituto. Sbaglio?
Per un periodo sono stato in comando presso un ente pubblico non economico (EPNE). Nel frattempo avevo partecipato a procedura di mobilità verso un ente locale di area vasta (EL), risultandovi idoneo.
Durante il comando presso l'EPNE venivo chiamato dall'EL.
Prima di dare una risposta all'EL, ho presentato istanza di stabilizzazione all'EPNE ai sensi dell'art. 30, c. 2-bis, del d.lgs. 165/2001, adducendo come motivazione che il testo normativo dice che l'amministrazione è obbligata all'immissione nei propri ruoli organici del personale già utilizzato, in posizione di assegnazione temporanea o comando (o analoghi istituti a prescindere dal nomen iuris), che ne faccia domanda, prima di espletare procedure concorsuali e che, siccome erano già stati indetti dei concorsi sospesi da oltre un anno nella fase istruttoria, si sarebbe dovuto procedere a stabilizzare me, in quanto comandato, prima di espletare questo concorso.
L'EPNE mi ha risposto che antecedentemente alla mia presa di servizio erano già state indette procedure concorsuali che al momento erano sospese per via dell'emergenza epidemiologica e che non riteneva di essere tenuto a revocare tali procedure, ovvero a sottrarre un posto da esse, in quanto a suo dire il verbo "espletare" non si riferiva alla fase discendente dei concorsi, bensì alla fase ascendente, cioè all'avvio dell'iter autorizzativo. L'ente si è offerto di prorogarmi il comando sino a quando possibile ma mi ha comunicato che la cessione del mio contratto dall'ente di origine sarebbe stata possibile solo in caso di deliberazione di indizione di un nuovo concorso e, cioè, di rinvenimento di altri fabbisogni di personale rispetto a quelli dei bandi già pubblicati.
Ero e rimango convinto che l'ente fosse in errore, ma pro bono pacis, con molto rammarico e a malincuore visto che in quell'ente mi trovavo benissimo (e non vedevo l'ora del trasferimento definitivo anche per guadagnare qualcosina in più), ho accettato la proposta dell'EL, il quale mi comunicava che si sarebbe attivato un comando per il solo mese di dicembre e poi si sarebbe provveduto a espletare la mobilità con l'anno nuovo.
L'EL purtroppo non ha mantenuto fede a ciò che ha detto a parole e ha richiesto alla Regione la mia assegnazione temporanea per 1 anno. Tuttavia ha dichiarato esplicitamente che si trattava di uno strumento adottato provvisoriamente con il fine di trasformazione in mobilità definitiva.
Dopo che la Regione ha autorizzato la mia utilizzazione per 1 anno dichiarando cessato il mio servizio con l'EPNE e comandandomi a prestare servizio presso l'EL, questo mi ha fatto un ordine di servizio per soli 6 mesi, costringendo la Regione a riformare il provvedimento adottato. Mi era stato detto che la motivazione della riduzione del termine era dovuta al fatto che prima dei 6 mesi sarebbe stata espletata l'annunciata mobilità.
Sennonché verso lo scadere dei 6 mesi l'EL ha richiesto alla Regione la proroga del regime in essere di altri 6 mesi, dichiarando comunque che si trattava sempre di regime transitorio verso la mobilità definitiva.
Nel frattempo mi sono pervenute richieste più o meno formali di comando da 5 comuni e 3 ministeri.
La Regione mi ha inviato una nota in cui mi chiede se intendo proseguire sino a dicembre presso l'EL presso cui sono attualmente collocato oppure intendo trasferirmi per un anno presso uno degli altri enti che ha richiesto di avvalersi della mia professionalità.
Più o meno contemporaneamente l'EL presso cui attualmente presto servizio:
- deliberava di assumere nuovo personale attingendo da graduatorie già esistenti (per la cronaca, è arrivato un dipendente da una graduatoria Ripam quando io ero già in servizio);
- indiceva una nuova procedura di mobilità (il bando scade in questi giorni).
Per iscritto ho pertanto richiesto il trasferimento definitivo mediante immissione nei ruoli dell'EL (e dunque subentro di questo nel rapporto giuridico che attualmente detengo con la Regione) prima di procedere alle nuove assunzioni e alla nuova procedura di mobilità. Lo stesso hanno fatto due miei colleghi che si trovano in posizioni simili alla mia.
L'EL non mi ha risposto formalmente ma mi ha contattato telefonicamente contestando da un lato la mia interpretazione del dettato normativo (in sostanza loro ritengono che sussista l'obbligo di indire una procedura di mobilità prima di un concorso – obbligo peraltro derogabile sino a fine 2021 ai sensi della legge 56/2019, la c.d. legge concretezza, che ha sospeso di fatto il blocco del turn over – e che in quella sede si debba stabilizzare il personale che già si trovi in posizione di comando, non che sia obbligatorio stabilizzare quest'ultimo prima di indire una procedura di mobilità), dall'altro che io stavo insinuando di un comportamento scorretto in realtà inesistente, poiché le procedure in corso di assunzione e di mobilità non erano state espletate ma semplicemente indette (notare quanto questa posizione sia diametralmente opposta a quella dell'EPNE), quindi non era scritto da nessuna parte che venissero espletate quelle prima di stabilizzare chi già prestasse servizio in posizione di comando o in assegnazione temporanea, ma questa era una mia illazione gratuita. Mi è stato riferito che la ragione per la quale noi utilizzati in via temporanea non eravamo ancora stati stabilizzati è che l'organo politico non aveva ancora provveduto a modificare il piano dei fabbisogni (che, per la cronaca, risulta oggi incrementato da due decessi e diversi pensionamenti). Ho chiesto di replicare per per iscritto confermando che la promessa immissione in ruolo sarà effettuata e mi è stato detto che vieppiù gli uffici preposti si sarebbero spinti mettendo per iscritto sinanche la data entro la quale avrebbero onorato l'impegno.
Ad oggi sono passate tre settimane e lato EL tutto tace, mentre la Regione mi compulsa per la risposta che deve fornire agli enti che richiedono di avvalersi della mia professionalità e un comune relativamente piccolo mi sollecita per accettare e per allettarmi ha allungato il periodo richiesto da 6 mesi a 1 anno.
A questo punto sono a un bivio:
1. rimanere nell'ente locale di area vasta, il quale, al di là del fatto che non abbia fornito riscontro alla richiesta di immissione nei propri ruoli, ha sin dapprincipio dichiarato che il ricorso a una utilizzazione temporanea (istituto che la Regione definisce "comando" e l'ente che se ne avvale "assegnazione temporanea") è stato disposto nelle more di poter perfezionare la mobilità;
2. andare presso il comune, in cui ho prospettive professionali probabilmente più stimolanti, e certamente prospettive economiche di un certo interesse, visto che è sprovvisto di dirigenza e mi ritroverei in posizione apicale.
Nell'ipotesi di cui al punto 2, ho la certezza di rimanere presso tale comune perlomeno sino all'estate del 2022.
Nell'ipotesi di cui al punto 1, se non mi stabilizzano entro dicembre è molto probabile che la Regione mi richiami in servizio, dopodiché addio comandi e addio mobilità.
Ora vi chiedo secondo voi quale valore giuridico può essere attribuito alla promessa che la situazione temporanea evolverà in una mobilità definitiva o comunque a formulazioni del tipo «richiediamo nulla osta all'assegnazione temporanea finalizzata alla mobilità definitiva» o «richiediamo di poterci avvalere del dipendente di codesta amministrazione dott. A.F.M. in regime di assegnazione temporanea», cioè se effettivamente l'EL si è assunto un'obbligazione in tal senso nei miei confronti, per quanto sine die.
Qualora facessi interrompere il comando presso l'EL e decidessi di farmi comandare a prestare servizio a suddetto comune, potrei far valere in un eventuale giudizio l'intendimento di cui sopra (di cui ho prove documentali e testimoniali) al fine di rientrare presso l'EL ma, questa volta, in via definitiva?
Secondo me l'ente in parola sta facendo un uso improprio dell'istituto in quanto lo sta adoperando, di fatto, come periodo di prova. Del resto, per loro natura comandi e assegnazioni temporanee sono provvedimenti di carattere eccezionale motivati da situazioni di urgenza o necessità di avvalersi di professionalità non rinvenibili nel proprio organigramma, tali da giustificare una scissione tra il rapporto organico (rapporto di ruolo) e il rapporto funzionale (rapporto di servizio), in maniera tale che il lavoratore venga inserito nella stabile organizzazione di un'amministrazione diversa da quella che gli paga lo stipendio. Essi non sono geneticamente connotati dal fine della mobilità e pertanto definirli propedeutici alla mobilità significa dichiarare implicitamente un abuso dell'istituto. Sbaglio?