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Versione completa: comandi, distacchi, assegnazioni temporanee. Piano triennale dei fabbisogni
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Da circa 5 anni sono un funzionario di ruolo presso una giunta regionale; in precedenza avevo prestato servizio a tempo determinato (comunque all’esito di un concorso) per circa un anno come istruttore direttivo presso una università degli studi.

Da anni cerco una ricollocazione che possa conciliare due esigenze:
- svolgere un lavoro più confacente ai miei studi (sono plurilaureato ma sistematicamente vengo incaricato di mansioni e responsabilità che hanno scarsa o nulla attinenza con tutte le mie lauree);
- avvicinarmi a casa.
Purtroppo le due cose vanno necessariamente di pari passo poiché la mia amministrazione non è disposta a concedermi una mobilità interna (benché vi siano posti vacanti della mia categoria nelle strutture funzionali di mio interesse), mentre, dopo un iniziale tentennamento (o meglio l’opposizione del mio dirigente diretto, il cui parere, ancorché non vincolante, risulta di fatto piuttosto influente), la mia amministrazione di appartenenza organica mi ha concesso un nulla osta incondizionato per un anno (ma di tanto in tanto me lo rinnova) alla mobilità esterna, rinunciando al vincolo quinquennale (nel frattempo, oramai, scaduto).

Malgrado l’apertura dell’ente che mi ha reclutato per concorso, non sono mai riuscito a perfezionare alcuna procedura di mobilità per ragioni dipendenti dalle amministrazioni di destinazione. Addirittura mi è capitato di essere l’unico candidato per 4 posti e uno dei soli due candidati per 5 posti e ciononostante non sono stato giudicato idoneo, all’esito di una procedura para-concorsuale a sorpresa (e a porte chiuse) per la quale non mi è stata data facoltà di prepararmi. Ho consultato più di un avvocato e più di un sindacato e sono tutti concordi nel ritenere che la procedura seguìta da questi enti sia illegittima, in quanto la mobilità presuppone il riconoscimento dell’idoneità originariamente ottenuta per concorso (tra l’altro io non vi sono semplicemente risultato idoneo, ma l’ho vinto); la giurisprudenza è concorde nel ritenere che tali procedure, riguardando la cessione di contratti già in essere ex art. 1406 cod. civ., non possono essere effettuate mediante concorsi, e che gli avvisi e interpelli di reclutamento rispondono solo a esigenze di pubblicità e non costituiscono indizioni di concorsi, infatti la giurisdizione non è del giudice amministrativo, bensì del giudice ordinario (civile) in veste di giudice del lavoro.

Non riuscendo a ottenere la mobilità definitiva, periodicamente invio tramite PEC istanze di utilizzazione temporanea, cioè manifestazioni di interesse a essere utilizzato (come soluzione transitoria per una mobilità da attuarsi ex art. 30, c. 2-bis, d.lgs. 165/2001 o anche indipendentemente dall’eventuale futura stabilizzazione) in posizione di comando, assegnazione temporanea, fuori ruolo o altri analoghi regimi giuridici previsti da fonti legislative, negoziali e consuetudinarie indipendentemente da come siano denominate. Tra il 2019 e il 2021 credo di avere superato le 100 domande. L’ente presso cui sono arruolato è disponibile a comandarmi a prestare servizio in favore di altri soggetti a condizione che il mio stipendio sia interamente rimborsato (vale a dire che o l’ente nella cui organizzazione gerarchico-funzionale sono inserito provvede a rimborsare il trattamento fondamentale anticipato dall’ente di appartenenza organica e a erogarmi gli eventuali ulteriori emolumenti con separato cedolino, oppure comunica quali sono complessivamente le mie spettanze e provvede a corrisponderle all’ente alle cui dipendenze formali sono collocato perché provveda a liquidarmele tutte insieme).

Grazie alle candidature spontanee di cui sopra ho ottenuto un primo comando; successivamente un ente presso cui ero risultato idoneo a mobilità definitiva mi ha chiesto se fossi disponibile a una assegnazione temporanea in attesa di mobilità, dichiarando per iscritto, anche nella richiesta formulata nei confronti del mio ente, che si tratta di iniziativa provvisoria nelle more di potere perfezionare la mobilità. Ho dovuto accettare perché mi hanno dato tempo pochi giorni (se non ricordo male, meno di una settimana) e nel frattempo l’ente presso cui già ero utilizzato in regime di comando (comando che ovviamente ho dovuto interrompere) non ha voluto collaborare per trovare un titolo giuridico per potermi stabilizzare (avevano delle procedure concorsuali indette ma sospese per via dell’emergenze epidemiologica, di cui non si era mai celebrata nemmeno una prova; io sostenevo che fosse possibile stabilizzarmi sottraendo un posto a uno di quelli indetti per concorso in quanto il d.lgs. 165/2001 parla di stabilizzazione del personale in comando, distacco, fuori ruolo o altra analoga posizione comunque denominata prima dell’espletamento e non prima dell’indizione di procedure concorsuali).
Inoltre un’altra amministrazione ha formalmente richiesto la mia utilizzazione, peraltro con responsabilità di una struttura e correlativa posizione organizzativa, mentre altre si sono informalmente (ad esempio attraverso missive interlocutorie o semplici telefonate) mostrate interessante.

Esiste però uno zoccolo duro di amministrazioni che mi rispondono sistematicamente per iscritto che alla mia proposta non sarebbe possibile dare séguito in quanto contra legem. Al netto della confusione che spesso viene fatta tra comando, distacco e altri istituti, nonché di soggetti di diritto pubblico aventi ordinamenti peculiari, le motivazioni più frequentemente addotte per sostenere l’impossibilità di dar séguito ai miei desiderata sono le seguenti:
1. l’utilizzazione di personale di altre amministrazioni può essere disposta solo mediante bando o avviso pubblico, vale a dire procedura comparativa a evidenza pubblica. Questa cosa a me sembra molto strana: nella mia amministrazione di appartenenza solo nella mia direzione abbiamo una dozzina di comandati e due distaccati in arrivo (alcuni perfino a tempo limitato: vengono da noi una o due volte alla settimana e per il resto del tempo sono in servizio presso le rispettive amministrazioni di appartenenza) e inoltre abbiamo me e altri due comandati in uscita e nessuno di noi è stato selezionato mediante procedura pubblica. Che mi risulti il comando è una misura straordinaria disposta per esigenze eccezionali, tra cui certamente la necessità di una risorsa esperta in una determinata area disciplinare o professionale non reperibile nell’àmbito della propria organizzazione, e tale persona può essere conosciuta in ogni modo all’amministrazione che se ne avvale, che può chiamarla direttamente, a condizione che si tratti di un dipendente pubblico di ruolo già reclutato a termini di legge.
Aggiungo che una famosa agenzia fiscale mi ha convocato per un colloquio in séguito al quale ha dichiarato (solo a voce però) di avermi messo in una lista, non avente valore di graduatoria, relativa alla mobilità definitiva, sostenendo che anche la cessione di contratto ex art. 1406 cod. civ. si possa fare direttamente e non necessariamente su bando, dato che l’obbligo che incombe sulle amministrazioni ex d.lgs. 165/2001 è solo quello di rendere pubbliche le vacanze organiche che si intende ricoprire tramite l’istituto della mobilità, non quello di indire una procedura specifica per selezionare il personale da acquisire mediante processi di mobilità stessa. Inoltre ho conosciuto diverse persone entrate lì e in un altro paio di enti in questo modo.
2. il piano triennale dei fabbisogni di personale e/o la dotazione organica o pianta organica deve prevedere esplicitamente la volontà da parte dell’ente adottante di coprire un posto vacante mediante comando o analogo istituto. Questa mi sembra proprio una sonora sciocchezza. L’asserita straordinarietà del comando implica che esso per definizione non sia pianificabile all’interno di uno strumento di programmazione ordinaria; e se è una misura eccezionale esso sarà almeno in una certa misura imprevedibile. Pensiamo all’ipotesi di sopperire a una vacanza temporanea (ad esempio un’assenza di lunga durata dovuta ad aspettativa o congedo straordinario) o a una cessazione potenzialmente reversibile (pensiamo all’istituto delle dimissioni con riserva), o anche alla necessità di avvalersi di un esperto per seguire un progetto specifico derivante da un’opportunità derivante da un’improvvisa azione del Governo. Invece no: questi enti sostengono che per attivare comandi debbano ricorrere gli stessi requisiti che occorrono per poter assumere nuovo personale, in barba al principio di neutralità finanziaria che lo scambio di personale tra amministrazioni comporta (dato che esso tiene conto della pubblica amministrazione intesa nella sua globalità e dunque della spesa pubblica complessiva, non del bilancio del singolo ente).
3. la proposta non può partire direttamente dal lavoratore, in quanto il comando deve derivare da un ordine di servizio disposto dall’amministrazione di appartenenza. Questo secondo me è becero formalismo nel senso deteriore del termine. Se da un lato è logico che l’ordine a prestare servizio in favore di un soggetto diverso, con mutamento della sede ordinaria di servizio per il limitato periodo corrispondente, deve provenire dall’amministrazione nella quale sono organicamente inserito, mi pare altrettanto inverosimile che tale amministrazione mi comandi a prestare servizio presso una diversa amministrazione che ne sia ignara, anche perché il comando implica l'inserimento nella sua struttura organizzativa e gestionale e nella sua linea gerarchica e il trasferimento ad essa dei poteri direttivi e disciplinari (solo su questi ultimi non c'è unanimità di vedute in giurisprudenza, ma non ha importanza in questa sede). Quindi è ovvio che, salvi casi eccezionali previsti da norme speciali (vedi i distacchi e i comandi di personale dei comuni a uffici del Ministero della giustizia), la richiesta provenga in prima battuta dall'amministrazione utilizzatrice. Ed è altrettanto verosimile che l'amministrazione utilizzatrice abbia conosciuto il lavoratore di cui intende avvalersi perché è stato lui stesso a presentarsi.
4. il comando presuppone un protocollo d'intesa tra i due enti coinvolti. Quest'affermazione a mio avviso deriva da un'errata interpretazione dell'art. 23-bis, c. 7, del d.lgs. 165/2001. A mio avviso l'intesa de qua si riferisce alla sola tipologia di assegnazione temporanea prevista dallo stesso comma e, comunque, pur volendo estendere in via analogica il principio ad altre tipologie di utilizzazione da parte di enti diversi dal proprio, il protocollo d'intesa non necessariamente dev'essere siglato ex ante secondo criterio di generalità e astrattezza, ma può essere riferito anche alla singola fattispecie ed è l'accordo che le due amministrazioni siglano con il suo consenso dopo che una ha chiesto di utilizzarlo e l'altra si sia dichiarata disponibile a prestarlo.

Colgo l'occasione per sapere se l'indennità di comparto prevista dal CCNL Funzioni locali costituisce arte integrante dello stipendio base oppure va considerata quale salario accessorio a valere del fondo delle risorse decentrate.

Un cordiale saluto a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere.
Non vi sono vincoli legislativi a che il comando sia effettuato necessariamente al termine di una procedura selettiva ad evidenza pubblica. Il legislatore non detta specifiche previsioni e lascia spazio alla autonomia organizzativa degli enti. il comando, come tutte le forme di cd scavalco condiviso, per la deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 10/2020 non deve essere considerato come assunzione, quindi non va previsto nel programma del fabbisogno. Le procedure e la eventuale accettazione della richiesta del dipendente sono lasciate alla autonomia delle singole amministrazioni. Sicuramente il comando va fatto sulla base di una intesa tra le amministrazioni.
La indennità di comparto è salario accessorio, come dimostrato dal fatto che essa viene decurtata nei primi 10 giorni di assenza per malattia.
Arturo Bianco
Dunque sul comando (e sugli altri istituti analoghi) mi confermi la mia interpretazione del quadro normativo vigente. E che molti degli enti a cui mi sono rivolto mi hanno messo per iscritto delle sciocchezze (per usare un eufemismo).
Grazie per avermi segnalato il pronunciamento della Corte dei conti, che non conoscevo.

Per quanto concerne l'indennità di comparto, quando ero in comando presso un EPNE la mia amministrazione di appartenenza, che è una regione, ha continuato a erogarmela. Quando sono passato, senza soluzione di continuità, al comando presso un ente locale, hanno continuato a erogarmela ma mi hanno riaddebitato quella che mi avevano erogato quando ero presso l'EPNE. Quando ho chiesto spiegazioni mi è stato risposto che il motivo è che l'ente locale, a differenza dell'EPNE, gliela rimborsa. Però sull'accordo tra la Regione e l'EPNE era scritto (cito testualmente): «l'Ente rimborserà alla Regione il solo stipendio tabellare; ogni altra spettanza derivante dal rapporto giuridico tra il dott. Mosca e la Regione si intenderà a esclusivo carico di quest'ultima». Siccome mi sono accorto che la Regione ha provveduto al recupero dell'indennità di comparto quando l'EPNE le ha comunicato i corrispettivi da esso erogatimi all'inizio dell'anno in relazione all'anno precedente, ho pensato che sussista il divieto di cumulo tra l'indennità di comparto e l'indennità di ente, ma non ho trovato niente del genere né nella normativa né nella giurisprudenza.

Infine, l'intesa tra le due amministrazioni può avvenire a mio avviso anche con riferimento al singolo comando, come in effetti è avvenuto laddove sono stato comandato io. Invece alcuni enti dichiarano che debba sussistere a monte un protocollo di intesa, generale e astratto, per l'utilizzazione di personale organico a un'amministrazione diversa dalla propria, sulla base del quale poter poi attivare i singoli comandi.
La Funzione Pubblica si è pronunciata negativamente sul mantenimento della indennità di amministrazione (principio che si può estendere anche a quella di comparto) in caso di mobilità volontaria. A mio avviso nel caso di comando essa deve invece continuare ad essere erogata, anche se costituisce una forma di salario accessorio, in quanto trattasi di un compenso che è da considerare come stabile ed in quanto permane il rapporto di dipendenza con l'ente.
Arturo Bianco
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